Quotidianità tecnica

 


Comincia oggi la pubblicazione di note e riflessioni intorno al tema della distopia critica. Si tratterà di spunti, input, flash, non ancora articolati, ma adatti a costruire una prima elaborazione intorno al tema della fantascienza in generale e naturalmente della sua versione distopica in funzione di critica della società. È un progetto ambizioso come si può intuire, ma necessario oltre che aperto naturalmente al confronto e alla discussione.

 

 Quotidianità tecnica

Lo sviluppo del software ci dimostra che la tecnica non nasce per forza dalla teoria: spesso sono ragazzini quelli che scrivono codici molto sofisticati senza avere alle spalle né solide teorie né, talvolta, studi coerenti. Tuttavia possiedono una formidabile operatività e il dono di saper immaginare pratiche ancora irrealizzate. C’è dunque questa miscela complessa di creatività e di manualità sullo sfondo di innovazioni che hanno spesso travolto e stravolto il nostro mondo.

D’altra parte, osserva il filosofo che “non c’è alternativa alla presenza della tecnica nella nostra vita “(Bencivenga, Parole che contano, p. 205) proprio perché c’è una correlazione stretta e naturale tra la mente e le mani. Il nostro pensare è operativo, e il nostro operare è intelligente. Ed è inoltre ampiamente dimostrato che tra pensare e agire vi è non un rapporto di causa effetto ma bensì un rapporto di ricorsività (cfr. E. Morin): l’una operazione sostiene l’altra e la spinge a livelli più alti. Una operazione non potrebbe esistere senza l’altra.

Non si può comprendere la fantascienza con tutti i suoi annessi e connessi se non si parte da questo presupposto. Nella fantascienza la tecnica funziona indipendentemente dalla teoria. Ma non perché lo scrittore in fondo è un umanista e non uno scienziato, solo perché così è di fatto nella vota reale. La  nostra quotidianità è tecnica prima di essere teorica.

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